Come la Follia nell’Occhio di una Donnola: Dietro le Quinte

Ebbene si, dopo anni di duro lavoro, ho realizzato, anche grazie a voi, questo mio piccolo grande sogno: ho pubblicato un libro. Un libro, vero, un romanzo, c’è il mio nome sopra e da un mese continuo a guardarlo incredula. Un libro vero, ma dico, vi rendete conto? Una casa editrice con tutte le carte in regola, non a pagamento, non mi sono autopubblicata, ho fatto il percorso quello canonico, “alla vecchia maniera”, ma non era scontato comunque, affatto. 

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La Nostra Piccola Principessa e il Figlio della Schifosa

Dalle mie parti esiste un detto per definire il figlio “meno considerato”: il “figlio della schifosa”. Di norma è il secondogenito, in una coppia, ma se i figli sono tre, può essere quello di mezzo. Il figlio della schifosa, attenzione, è un appellativo che si usa per accusare la mamma, di norma, con frasi in negativo del tipo “ma poverino lui, il più piccino, ma dico, non è mica il figlio della schifosa eh!” Il senso è far pesare che questo povero bambino riceve meno attenzioni degli altri, ma non solo. 

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Non ci Siamo Accontentati e Abbiamo Vinto Noi. Ligabue, il mio Campovolo 2022

Gli aghi mi fanno orrore, non potrei concepire un tatuaggio nemmeno in anestesia locale. Se però mai inventeranno un modo per tatuarsi la pelle senza aghi, io la frase ce l’ho pronta, e da un bel po’ di anni, direi:

“chi si accontenta gode, così così”.

Per tanti motivi. Perché è il leitmotiv della mia vita, perché si punta in alto, sempre e comunque, perché guai a chi si fa bastare, a chi vive di briciole o di niente, e poi ovviamente perché la frase appartiene a un testo (e soprattutto a un cantante) che ha segnato un po’ tutta la mia vita.

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Gardaland: Lasciate ogni Centesimo Voi ch’entrate

Come promesso, una guida ad alto tasso di dolorosa realtà e necessaria polemica su Gardaland. Un manuale ironico ma tragico che potrà aiutarvi a sopravvivere alla folla, al caldo, agli isterismi di massa. Con un’avvertenza: se amate incondizionatamente questo genere di parchi, non caricatevi inutilmente di bile e passate oltre. Ci vediamo al prossimo post. 
Sedetevi e leggete con calma invece se, come me, in questi parchi ci andate principalmente perché ci dovete andare, perché avete degli amici che vi trascinano dentro o bambini, che (giustamente, ci mancherebbe) desiderano andarci, ma, fosse per voi, con ogni probabilità non ci mettereste piede. 

Ecco, questa guida, è per voi.

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Crescere nella Pallavolo: la Squadra, lo Spogliatoio, una Vita Intera… la Mia

Come faccio a fartelo capire. Come posso “passarti”, farti sentire, farti almeno immaginare tutto questo.
Sei curiosa, me lo chiedi ogni volta che ti porto in palestra, e poi ci sono le vecchie foto che saltano sempre fuori. E la vedi, la mamma, che quando ha le sue rimpatriate, resta su di giri per giorni. Anche dopo tutti questi anni.
E sai perché? 
Perché questo sport, in cui tu stai muovendo i primi passi, non è solo uno sport. 
E’ qualcosa d’altro. Una roba che se si infila sotto la pelle, se fa tanto di prenderti… via, finita.
Sei segnata, a vita. 

Io non lo so se accade in tutti gli sport. Questo, non chiederlo a me.
Perché nella mia, di vita, c’è stato spazio solo per uno sport, uno e basta, che mi ha preso per mano alla tua età e non mi ha lasciato mai più: quello che tu hai scelto quest’anno. 
LA PALLAVOLO.

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La Stanchezza delle Mamme

Certe sere sono così stanca che mi fingerei morta solo per passare qualche minuto stesa a terra con gli occhi chiusi. 
Così infinitamente stanca da non riuscire nemmeno più ad argomentare. 
Si implora. 
Si supplica. 
Poi si interviene di prepotenza. 
Con le ultime briciole di energia residua. 
Perché deve esserci una fine alle giornate, che non coincida necessariamente con lo svenimento, con un “cadere come corpo morto cade”. 
Deve esserci uno spazio, almeno la sera, per la vita adulta, privata, “de-figliata”. 
Non si può arrivare così stanchi da crollare prima dei bambini, non si può!

I miei figli, non hanno mai dormito più tanto. Soprattutto il secondo. Anche perché se la prima figlia avesse dormito poco quanto il secondo… probabilmente il secondo non sarebbe mai arrivato. Non perché non lo volessimo, ma per oggettive impossibilità di concepimento.
Ad ogni modo, la precisione con cui entrambi si svegliano alle sette la domenica mattina sarebbe quasi divertente…
…se fossero i figli di un’altra. 

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Cucinare, ai Tempi del Lockdown

Io provo, per chi ama cucinare piatti complessi, la stessa devota ammirazione che mi suscita chi costruisce sculture di sabbia. O di ghiaccio. Ore e ore di lavoro certosino per opere maestose, multilivello, multistrato, con mille passaggi uno più astruso dell’altro… per un risultato che verrà spazzato via nel giro di poche ore. Se ci sono io (ed è qualcosa di dolce), anche pochi minuti.
Cosa spinge una persona a prodigarsi per un pomeriggio intero in operazioni una più complicata dell’altra, solo per realizzare una torta, una piccolissima torta che una volta sfornata, non arriverà nemmeno al giorno successivo?

Non lo so, non l’ho mai capito, ma benedico il cielo che esistano persone del genere.
E per uno strano gioco del fato, che a volte ti maledice altre volte ti premia, stavolta la sorte ha sfiorato la nostra casa, e durante il lockdown la passione della cucina ha colpito niente meno che il mio compagno. 

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Quel Piccolo Momento Perfetto

Ogni giornata dovrebbe avere il suo Piccolo Momento Perfetto. 
Piccolo, anche piccolissimo, eventualmente appena accennato. Giusto una manciata di minuti, quando non si può altrimenti. 
Piccolo, però…
PERFETTO.
Sacro.
Inviolabile. 
Un rifugio piccino in cui acquattarsi quando tutto pare franarci addosso.
Due carte del castello che restano su, mentre crollano una a una tutte quelle intorno. 
E noi lì sotto, al riparo. 
A gustarci… quel Piccolo Momento Perfetto. 

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