La Nostra Piccola Principessa e il Figlio della Schifosa

Dalle mie parti esiste un detto per definire il figlio “meno considerato”: il “figlio della schifosa”. Di norma è il secondogenito, in una coppia, ma se i figli sono tre, può essere quello di mezzo. Il figlio della schifosa, attenzione, è un appellativo che si usa per accusare la mamma, di norma, con frasi in negativo del tipo “ma poverino lui, il più piccino, ma dico, non è mica il figlio della schifosa eh!” Il senso è far pesare che questo povero bambino riceve meno attenzioni degli altri, ma non solo. 

In casa mia, ad esempio, il figlio della schifosa è il secondo e ultimogenito. Da sempre meno considerato della prima, non come affetto, ovviamente, ma come tempo materiale e attenzioni dedicate. 

Della primogenita ho conservato e registrato tutto. C’è questo album che troneggia nella sua cameretta, “la mia piccola principessa”, in cui ho descritto minuziosamente tutte le sue prime volte, dalla prima parola alla prima bua, e ogni singolo passaggio della sua vita è stato immortalato. Ci sono foto di tutti, dai protagonisti alle comparse, c’è perfino l’albero genealogico, la prima pagina di un quotidiano del giorno in cui è nata, tutti i regali che ha ricevuto, tutte le parole buffe che ha detto e quando. L’album fa fatica a chiudersi perché ci sono incollati la sua prima ciocca di capelli e il braccialetto che aveva in ospedale. 
Del secondo, nessuno ricorda la prima parola, i primi passi, cosa pesava alla nascita o quanto era lungo. Le sue foto importanti, non sono mai state stampate. Ho giusto conservato i bavaglini dell’asilo e poche altre cose, buttate in una scatola. Una. La grande, di scatole di ricordi ne aveva già tre, quando è arrivato il fratellino. 
Quando restavo senza body azzurri o bianchi perché li aveva cagati o vomitati tutti, si beccava quelli rosa con i fiocchetti della sorella. E non solo i body, in realtà. E mentre la prima ha vissuto i primi tre anni della sua vita con tutta la famiglia allargata dedita a lei, il secondo li ha passati trascinato tra spogliatoi e palestre e visite e impegni sempre dietro alla sorella. 

Il figlio della schifosa lo sa, lo sente che deve farsi spazio, deve imporsi, o la famiglia lo dimentica, non per cattiveria, ma solo perché fagocitata dagli altri figli, dai mille impegni, da tutto il resto. 
Il figlio della schifosa si accontenta, non pretende abiti né giocattoli di prima mano, a lui non spettano quasi mai, si adatta a sacche, lenzuola, giacche, astucci con il nome della sorella rigorosamente scritto ovunque, però sa che spesso, di rimbalzo, è il più coccolato alla resa dei conti, perché poi ci si sente in colpa che tutta la settimana è calibrata sugli impegni della primogenita. E allora vieni qua che sei il mio piccolino, dai dormi nel lettone, fatti strapazzare, tesorino della mamma eccetera eccetera. 
Il mio, in particolare, è un bambino davvero tanto, ma tanto, coccolato. Dorme spesso ancora con me, è un bambino molto fisico, esigente, vuole stare in braccio, ha bisogno di avermi appiccicata a lui, la sera. Non è un bambino trascurato, questo è certo. 

Perché allora “il figlio della schifosa?” 

Perché è così, c’è poco da fare, la famiglia che si forma con il primo figlio, quel faro puntato perennemente acceso, con il secondo non c’è, non ci può essere e non ci sarà mai più. A lui non potranno mai spettare tutte le attenzioni esclusive date alla primogenita, a colei che ci ha trasformati in mamma e papà. 
Però poi ha altri privilegi. 
Tipo una sorella maggiore. Che lui, ancora oggi, guarda adorante e con gli occhi a cuoricino, ogni volta. 
Io non l’ho avuta una sorella maggiore. E nemmeno un fratello. Non è roba da poco. E allora, pazienza per i body rosa di seconda mano. Pazienza pure se nessuno ricorda cosa pesava alla nascita e quando ha dormito la prima notte senza pannolino.
Ce ne faremo una ragione.
[Rumino Ergo Sum]