La Neve sa di Cieli Blu, di Corse a Perdifiato, di Notti Limpide e Stellate

Nella mia infanzia emiliana, la neve, era qualcosa di scontato. Era solo questione di tempo, poi sarebbe arrivata. Come le zanzare. Non ricordo un inverno senza una bella nevicata, nemmeno uno. Spesso accadeva a ridosso del mio compleanno (il sette febbraio), e io ci vedevo una sorta di ricompensa divina per la mancata mega festa all’aperto di cui potevano godere i fortunati nati nei mesi caldi. A me toccava la festicciola in casa, con una buona metà degli invitati ammalati, ma almeno c’era la neve, il più delle volte. Non lamentarti, mi capita di sentirmi dire, sei Acquario, il segno dei creativi, dei pazzi, dei geni! Io di segni non so nulla, ma sui primi due non posso che ritrovarmici in pieno.

Continua a leggere

Bubble Bobble e la Mossa

Io sono stata un’adolescente semplice. Classe 1978, i miei anni ottanta e novanta si potrebbero racchiudere quasi tutti tra una chiesa, una piazzetta e un bar. Le uniche offerte ludiche, nel mio piccolo paesino di campagna, consistevano in: pallavolo, nella palestra comunale e chitarra, in oratorio. Con la prima è andata piuttosto bene, con la seconda ho capito che non c’era storia quando dopo due anni, a messa, non ero ancora in grado di suonare neanche il gloria di Giombini. Mai imparato a fare un barré, mai. Il colpo di grazia è stato prendere in pieno un’auto parcheggiata mentre sfrecciavo in bici senza mani con la chitarra incastrata tra il manubrio e il collo. L’auto era ferma, davanti al bar. Io ho salutato mio zio e sbam!, sono volata via. Illesa, sia io che la chitarra. Un miracolo. La bici conficcata nel bagagliaio dell’auto invece, ha fatto più danni di una grandinata. L’ho presa come un segnale divino, e ho chiuso. Mio padre ha bestemmiato talmente tanto quando ha visto il danno all’auto che in chiesa, ho pensato, se rientro con questa chitarra mi prende fuoco tra le mani, minimo. 

Continua a leggere

O Avevi il Barbour, O Non Eri Nessuno

C’è stato un momento ben preciso, nella mia adolescenza, in cui o avevi il BARBOUR, o non eri nessuno. 
Io avevo quindici anni… e NON ERO NESSUNO.

Correva l’anno 1992.
L’ultima estate prima di varcare il magico mondo delle tanto agognate scuole superiori. Quelle che mi avrebbero portato per la prima volta fuori dal mio minuscolo paesello di campagna.
A settembre ci ero arrivata piena di entusiasmo e armata fino ai denti: zaino che non poteva che essere Invicta, diario che non poteva che essere Smemoranda, testo di “Estate 1992” di Jovanotti trascritto rigorosamente a memoria, ciuffo con frangione dritto piastrato e la mia prima leonina permanente su tutto il resto. 
Pronta per la città.
Perfetta, per la città.
E invece no.

Continua a leggere

Genesi di una Ruminatrice Seriale

Spesso mi sento chiedere: “ma com’è che sei diventata così?”

“Così come, scusa?”

E qua, le risposte cambiano leggermente, a seconda dell’interlocutore, del periodo storico, del contesto. Anche se il succo è più o meno sempre quello: matta, stravagante, fuori di testa, un po’ troppo egocentrica e autoreferenziale, piena zeppa di stramberie e con la testa perennemente tra le nuvole. 
Vi ricordate i pezzi sui miei diari scolastici, in cui ho ripercorso con voi i miei anni novanta, e poi quello sui quaderni, in cui abbiamo ricordato gli anni ottanta? 

Ecco, questo pezzo è il giusto prosieguo. 

Continua a leggere

Dell’Uomo (Entità Cellulare SEMPLICE) e dei Meravigliosi Giochi in Scatola Anni Ottanta

Come diceva Giacobazzi? “L’uomo è un’entità cellulare SEMPLICE.” 
Quanta verità, per essere un comico!
Allora il mio compagno mi ha tediato per anni con la storia di questo gioco in scatola della sua infanzia, l’ISOLA DI FUOCO. 
Ha iniziato che i figli erano piccoli, il piccolo poi piccolissimo (neonato, direi), perché lo ha visto in vendita sui siti di usato a prezzi stellari, che ora è fuori produzione, o meglio ne fanno una versione bruttina, rispetto al “capolavoro” che era questo gioco anni ‘80 in origine. 

-E che fortuna che io l’ho conservato, e brava la mia mamma, sembra nuovo, e se lo vendo sai quanto me lo pagano
-e allora VENDILO!
-No che non lo vendo, è un ricordo della mia infanzia, sai che bello, quando ci giocheranno i nostri figli, sai che onore… non ne fanno più di giochi così, non ne fanno più!

Continua a leggere

Il “Giro delle Luci” (di Natale)

Quando ero piccola, in questi giorni natalizi, mia mamma mi portava a fare “IL GIRO DELLE LUCI”. 
Abitavamo in una piccola frazione di campagna e tutti i mercoledì sera si andava a cena dal “nonno”, suo padre, rimasto solo troppo presto (non ho mai conosciuto mia nonna materna). In realtà ci trasferivamo da lui già nelle prime ore del pomeriggio, così mentre io mi godevo la sua compagnia, mia mamma si occupava delle faccende di casa, dal bucato alle pulizie. La sera ci raggiungeva mio padre, (mia sorella non era ancora nata) e si cenava, tutti quattro insieme. 
Spesso erano cenette deliziose, quasi “festaiole”, a base di gnocco fritto, panzerotti o addirittura cotolette con vere patatine fritte, che mia mamma diceva sempre che la finestra del cucinotto del nonno era grande e vicinissima ai fuochi e ne approfittava per sfogarsi e friggere a più non posso.
Mangiavamo in un freddo siberiano, ma almeno erano leccornie fritte di fresco.

Continua a leggere

Gli Anni Ottanta… Tra i Banchi di Scuola!

Ebbene si, con la saga dei diari scolastici e gli anni Novanta, ci ho decisamente preso gusto. Lo ammetto. Una lunga convalescenza mi ha costretta in casa, e ne ho approfittato per rituffarmi nel passato sfogliando le mie vecchie Smemorande dei tempi delle medie e delle superiori, appassionandomi a tal punto che, esauriti i diari, mi sono andata a riprendere dai miei genitori pure tutti i vecchi quaderni delle elementari, che mia mamma saggiamente aveva conservato.
E così, dopo gli anni Novanta, sono ripiombata in pieno nei mitici, meravigliosi, indimenticabili anni Ottanta! Ho riletto temi che non ricordavo, mi sono ritrovata a ridere da sola di cose che mi sembra pazzesco avere anche solo pensato, figuriamoci scritto…
Se avete anche voi il “privilegio” di aver conservato i vostri vecchi quaderni, prendetevi del tempo per rileggerli, almeno quelli di italiano: vi assicuro che ne varrà la pena! Intanto, se ne avete voglia, ecco i miei: se con i diari abbiamo fatto un bel tuffo negli anni Novanta (se non avete letto i post, li trovate qua, in questa stessa sezione “Amarcord”), con i quaderni state pronti a ripiombare di colpo nei mitici ANNI OTTANTA!

Continua a leggere

I Diari Scolastici degli Anni Novanta – Parte Terza

Eccoci al terzo e ultimo pezzo dedicato ai diari degli anni Novanta. Se vi siete persi i primi due, potete trovarli qua:

I DIARI SCOLASTICI DEGLI ANNI NOVANTA – PARTE PRIMA

I DIARI SCOLASTICI DEGLI ANNI NOVANTA – PARTE SECONDA

Una delle cose più interessanti che ho notato, in questa lunga e divertente “immersione” negli anni Novanta, è che i nostri diari scolastici non erano personali, non erano “territorio privato”, nonostante ci riversassimo dentro pensieri ed emozioni personalissime, intime, che a leggere oggi certe cose sembrano quasi più diari segreti che diari scolastici…  i diari erano qualcosa da vivere e condividere, il più possibile.
Chiunque avesse tra le mani la nostra Smemoranda si sentiva nel sacrosanto diritto di dire la sua su qualsiasi argomento, ritaglio, dedica, e si creavano dei botta e risposta (anche tra amiche che nemmeno si conoscevano tra loro) che ricordano moltissimo i social di oggi…
Chissà, forse i precursori delle chat di gruppo di Whatsapp sono state proprio le pagine dei nostri diari!

Continua a leggere

I Diari Scolastici degli Anni Novanta – Parte Seconda

Se vi è piaciuta la prima parte di questa “ricerca antropologica” relativa agli anni ’90 fondata sui diari scolastici, benvenuti nella seconda parte, dedicata alle scuole superiori!
(se vi siete persi la prima parte, la trovate qua: I Diari Scolastici degli Anni Novanta – Parte Prima)
Come si evince già dalla copertina, negli anni ’90, “pocciare” i diari alle superiori era un must.
E pocciare, dalle mie parti, se normalmente significa abbruttire, nel caso specifico del diario assumeva una connotazione tutta sua: pocciami il diario voleva dire decoramelo, abbelliscilo come meglio credi, fanne ciò che vuoi, basta che lasci un segno. Funzionava così.
Dedicavamo ore e ore a sfumare scritte che sembravano murales e i compiti li annotavamo male e in fretta nello spazio rimasto.
Sempre che ne rimanesse…

Continua a leggere