Gli Anni Ottanta… Tra i Banchi di Scuola!

Ebbene si, con la saga dei diari scolastici e gli anni Novanta, ci ho decisamente preso gusto. Lo ammetto. Una lunga convalescenza mi ha costretta in casa, e ne ho approfittato per rituffarmi nel passato sfogliando le mie vecchie Smemorande dei tempi delle medie e delle superiori, appassionandomi a tal punto che, esauriti i diari, mi sono andata a riprendere dai miei genitori pure tutti i vecchi quaderni delle elementari, che mia mamma saggiamente aveva conservato.
E così, dopo gli anni Novanta, sono ripiombata in pieno nei mitici, meravigliosi, indimenticabili anni Ottanta! Ho riletto temi che non ricordavo, mi sono ritrovata a ridere da sola di cose che mi sembra pazzesco avere anche solo pensato, figuriamoci scritto…
Se avete anche voi il “privilegio” di aver conservato i vostri vecchi quaderni, prendetevi del tempo per rileggerli, almeno quelli di italiano: vi assicuro che ne varrà la pena! Intanto, se ne avete voglia, ecco i miei: se con i diari abbiamo fatto un bel tuffo negli anni Novanta (se non avete letto i post, li trovate qua, in questa stessa sezione “Amarcord”), con i quaderni state pronti a ripiombare di colpo nei mitici ANNI OTTANTA!

Partiamo da un must, che si è guadagnato non a caso la copertina: a meno che non foste ancora nati, negli anni Ottanta, non potete non averlo riconosciuto: il mitico MULINO BIANCO! Ricordo come fosse ieri la frenesia con cui mi avventavo sulle confezioni di merendine per cercare la sorpresa, quando ancora dell’olio di palma e dei grassi saturi ci si interessava ben poco, e l’unica cosa che contava davvero era che nelle merendine ci fossero quelle scatoline meravigliose… di carta… con il coperchio che si sfilava, facendolo scorrere: ma vi ricordate quanto erano belle?
Io non ne ho conservate, purtroppo, e mi dispiace molto, le vorrei tanto far vedere ai miei figli!

La mia seconda passione, dopo il cibo, come si evince bene dai miei disegni e dai primi temi delle elementari, erano i CARTONI ANIMATI. Ve lo ricordate Bim Bum Bam?
Per me era sacro, non me ne perdevo una puntata. Quando partiva la sigla, mia nonna mi consegnava la merenda: una delizia del famoso mulino, rigorosamente alternata al mio panino preferito, salame e sottiletta (era il modo di mia nonna di bilanciare dolce e salato, o qualcosa del genere). Era l’unico pasto che mi era concesso consumare in poltrona e pertanto era una sorta di “pasto sacro”, che centellinavo con religiosa devozione davanti all’unico televisore a disposizione, nella sala, totalmente rapita dai miei cartoni preferiti: Pollon, Creamy, Occhi di gatto, Mimi Ayuara e…
LEI, il cartone in assoluto più triste, più malinconico, più depresso mai concepito, ma che adoravo a tal punto da averci scritto su perfino un tema: l’indimenticabile LOVELY SARA. Più sfigata di Candy Candy, più triste del Dolce Remì… Chi se lo ricorda?

Dei mitici anni 80, impossibile dimenticare anche le FIABE SONORE: quanto le ho amate!
“A mille ce n’è… nel mio cuore di fiabe da narrar…”
Ho la sigla marchiata a fuoco in un qualche angolino di cuore, poco ma sicuro! Avevo alcune cassette, giusto tre, quattro, non di più, e un vecchio mangianastri portatile che maneggiavo con cura, come un tesoro prezioso… e le ascoltavo di continuo! Quanto ho amato quel vecchio aggeggio…
era tutto più “magico” nella nostra infanzia analogica, diciamocelo!
Registrare la mia voce, su quelle cassettine in cui parlavo a ruota libera, intervistavo i miei familiari, giocavo a fare l’attrice o cantavo con le amiche, aveva un che di “sacro”, di prezioso, di “irripetibile” che non ritrovo più nei miei figli, quando ci facciamo i video e gli audio con i mezzi a disposizione oggi.
Nessun vocale fatto oggi dai nativi digitali potrà mai eguagliare l’emozione che provavano noi, bambini analogici degli anni 80, quando riascoltavamo la nostra voce dopo averla incisa su quei nastri, che spesso si aggrovigliavano a forza di riavvolgerli.
E le fiabe sonore… sarà che le potevi solo ascoltare, e la fantasia non veniva imbrigliata da immagini ma correva libera… sarà che erano davvero belle storie, mai banali, fatto sta che io mi incantavo, mi bastavano le prime note della sigla che zaaac, “partivo” letteralmente.
Una delle favole sonore che più ho amato me la sono ricordata riprendendo in mano questa disegno:

L’avete riconosciuta, vero, IRIDELLA?
Io il cartone animato l’avevo scordato, sono sincera, mentre ricordo benissimo una fiaba sonora che ho ascoltato e ascoltato fino a consumare il nastro della cassetta… anche se la mia preferita in assoluto era l’indimenticabile “CINQUE IN UN BACCELLO”, storia eccezionale e meravigliosamente interpretata, tratta da una fiaba di Andersen, che con grande gioia ho scoperto si trova ancora su Youtube! Così anche i miei figli hanno potuto imparare praticamente a memoria la mitica canzoncina… ve la ricordate?
Com’è bello, com’è bello stare in cinque in un baccello!
Star seduti a ridacchiare mentre fuori c’è il temporale.
Di domenica o venerdì, stare sempre seduti lì!

Andatela a cercare, ma occhio, è uno di quei ritornelli che una volta che ti si ficca in testa, poi non ne esce facilmente!

Altro personaggio che ho amato follemente negli anni 80:

La cagnolina POOCHIE!
Una vera icona di quel periodo, tutte a scuola avevamo le gommine colorate, delle quali, se mi sforzo, riesco ancora a sentire quell’odore così particolare, un aroma inconfondibile che ho amato per tutta l’infanzia. Come me le sniffavo, le mie adorate gommine! E poi ancora i quaderni di Poochie, il diario di Poochie e alcune (non io, ahimè) perfino l’astuccio o addirittura lo zaino.

Fortunatamente la mia infanzia non è stata consacrata esclusivamente a merendine e cartoni animati, ho ritrovato anzi anche tanti disegni tipo questo:

Si, è proprio lui, il mitico BRUCO MELA!
Questo per fortuna non se n’è andato con gli anni Ottanta, è rimasto ed è amato dai bambini di oggi tanto quanto lo amavamo noi… i miei figli poi, impazziscono letteralmente appena lo vedono e quando andiamo alle giostre è sempre la prima su cui vogliono salire!

Sfogliando i miei vecchi quaderni, tra i tanti disegni che rispecchiavano in pieno gli anni 80 e, in generale, l’infanzia di una comune bambina, ne ho trovati anche alcuni che difficilmente riesco ad inquadrare come “comuni”, pensando sia all’età che avevo, sia all’epoca in cui ci trovavamo.
Primo fra tutti, sicuramente questo:

Non so voi, ma io ci vedo inequivocabilmente un funerale! Dalla data, avevo sette anni quando ho realizzato questo disegno, ma mia mamma non ricorda che io a quell’età avessi già preso parte a un corteo funebre… forse lo avevo visto, e lo avevo trovato un soggetto interessante da ritrarre? Chissà, io non me lo ricordo di certo!

Questo però è ancora più inquietante:

Avevo forse previsto già negli anni 80 il problema quanto mai attuale degli “sbarchi”??? Perché disegnavo profughi?? Ma soprattutto… cosa c’entrano le rondini e un titolo come “arriva la primavera”, in un disegno di un recupero di naufraghi? Mistero…

Già da bambina mi piaceva sperimentare tecniche insolite, mescolare i colori, incollare e dipingere:

E assieme alla fantasia, che per fortuna non mi è mai mancata, ho ritrovato fin dai primi quaderni un sincero, assoluto, devoto amore per la scuola: delle elementari poi, ricordo una passione quasi viscerale per i quaderni, le matite colorate, le maestre e lo “scrivere” in generale.
Amore che, per fortuna, non è mai scemato.

La cosa che mi ha divertito di più in assoluto, è stata però la rilettura, oggi, quarantenne, dei miei vecchi, primissimi temi.
Che mi piacesse scrivere, lo si capiva già dalla seconda elementare, ma scrivevo certe cose… che vien quasi da chiedersi: ma le maestre, che risate si facevano? E soprattutto: scrivevamo tutti cose del genere, o ero solo io? Della serie: ero “strana” già da bambina, o lo eravamo tutti?
Tra le chicche più divertenti che ho trovato:

Strane storie di cimiteri e uomini che spaventano le donne… perché???
Non era “buona norma” tenere i bambini al riparo da certe storie paurose, come si fa oggi???
Poi, ancora, “i dolori del parto”!! Dalle mie parti si diceva proprio così però, in effetti, e forse alcuni ancora usano questo termine, che a me oggi fa tanto sorridere…

Qua invece compare la nascita di mia sorella, descritta con dovizia di dettagli: io avevo dieci anni, e una grandissima preoccupazione: che le venisse il collo storto!

E poi ancora “il gioco dei figli”, che ho descritto in dettaglio, pur avendolo completamente dimenticato: nel tema dico che lo facevo con mia cugina, perciò devo assolutamente chiederle se lei lo ricorda!

“il gioco era così: ci sedevamo sulle due poltroncine affiancate al telefono e cominciavamo a parlare dei nostri ‘figli’. Io dicevo che mio figlio era caduto in un burrone, lei replicava che suo figlio le aveva fatto un bel regalo…”
E ci inventavano ogni tipo di disgrazie possibili e inimmaginabili! Forse era il nostro modo di esorcizzare la paura? Sento anche i miei bambini giocare spesso tra loro impersonando mamme, papà, figli che muoiono o fanno incidenti di ogni sorta… sarà normale così, evidentemente, ma io davvero “questa fase” non la ricordavo!

Analizzando e comparando i quaderni di italiano dalla prima alla quinta elementare, ho individuato immediatamente la presenza di “temi ricorrenti:” storie, argomenti, trame che gira e rigira tornano sempre fuori, ciclicamente, ossessivamente, tema dopo tema, anno dopo anno.
Ed eccoli qua:

in primis, il carattere un po’ “nervoso” dei miei familiari (che ho ereditato in pieno, ahimè).

In questo disegno, nell’ordine: mio padre, mia madre, mia nonna che viveva con noi, mio zio e io, con un petto improbabile… ma si, ero proprio io!

Ed eccola, questa innegabile verità che evidentemente avevo già colto così precocemente: tutti simpatici, ma decisamente poco pazienti!

Chi non ha tra i propri temi di bambino quello dedicato alla mamma? Vi sfido però a trovarne uno con una descrizione come feci io nel 1986, all’età di otto anni: quanto si sarà divertita la maestra a leggere che mia mamma, quando si arrabbia, mostra i denti e spalanca gli occhi di fuoco???


Un altro tema che tutti abbiamo certo fatto almeno una volta nella vita: quello sul fratello, sul cugino, sull’amico del cuore. Io, figlia unica fino all’eta di dieci anni compiuti, descrivevo sempre una mia cugina lontana, a cui ero legatissima, un’amicizia che mi ha fatto capire a soli sette anni (una vera rivelazione, stando al tema!) quanto fosse importante non sprecare il poco tempo a disposizione litigando. Lei abitava in un’altra città e ci si vedeva pressapoco una domenica al mese, che passavamo, come era normale che fosse, a quell’età, a litigare a più non posso, per poi riappacificarci e volerci più bene di prima. Le ho dedicato così tanti temi e disegni che prima o poi li fotocopio tutti e le faccio una sorpresa… devo farlo!



Due anni dopo, l’agognata sorella è arrivata, finalmente, ma pur essendo stata tanto desiderata, sia da me che dai miei genitori, per lei non deve essere stato sempre facile essere… mia sorella, a giudicare da certi bigliettini rinvenuti in un vecchio quaderno!

Un tema che probabilmente ha caratterizzato un po’ l’infanzia di tutti:
la saga del COSA FARO’ DA GRANDE.
Una saga che dopo un inizio piuttosto “banale” (nei primi temi sognavo di diventare una campionessa di pallavolo) e uno sviluppo tutto sommato “nella norma” (nei temi successivi stilista, ballerina, attrice famosa, esploratrice…) eccolo, il colpo di scena sul finale, che oserei definire il più inaspettato che ci si potesse attendere: siete pronti???
(sotto le immagini, trovate la trascrizione)



“27/10/1987 – TEMA: COSA MI PIACEREBBE FARE DA GRANDE
Io ho tante idee sui mestieri che potrei fare da grande.
Da piccola ho cambiato tante volte; prima avevo intenzione di diventare una grande ballerina; poi ho pensato che sarebbe stato più divertente fare l’attrice di film avventurosi.
Dopo però ho cambiato di nuovo idea e ho deciso di fare la regista per diventare importante e prendere tanti soldi.
Successivamente ho deciso di diventare un’impiegata all’I.N.P.S. e penso che questa sia un’idea decisiva.
Certo sarebbe interessante anche fare la postina
(il lavoro che faceva mio zio…) : viaggerei in motorino tutto il giorno e potrei venire a casa senza stare a pranzare in mensa.
Ma anche l’impiegata è un bel mestiere.
L’idea mi è venuta perché anche mia madre fa l’impiegata e quando sono andata per la prima volta nel suo ufficio sono rimasta incantata: vi ho trovato un computer pieno di tasti e di luci, grande quasi come me.
Vorrei fare l’impiegata anche perché amo molto scrivere a macchina e infatti ho notato che nell’ufficio di mia madre ce n’è una grandissima e potrei divertirmi tantissimo. Potrò chiacchierare senza che nessuno mi sgridi e mi punisca. Inoltre potrò recarmi spesso fuori per comperare la pizza
(strano che ritorni fuori il cibo…) e altre cose da consumare con le mie amiche in allegra compagnia! (magari anche lavorare, no???)
La cosa più bella dell’impiegata, per me, è che alle due si può uscire e quindi, facendo questo mestiere, avrei tanto tempo da dedicare alla famiglia e alla casa, senza l’aiuto della donna delle pulizie.
Il lato negativo è invece che bisognerà alzarsi sempre molto presto e sopportare la fame
(e dai…) fino a tarda ora. Nonostante tutto spero lo stesso di diventare una brava impiegata.
Voto: Benino
(il voto era all’aspirazione, all’INPS o al tema???)”

Ebbene si, complice il fatto che mia mamma fosse impiegata all’INPS e io adorassi follemente le sue colleghe, complici quelle enormi macchine da scrivere che intravedevo quando capitavo in ufficio da lei, complici quei primissimi computer, per me assolutamente misteriosi e magici… eccoti che prima di compiere dieci anni avevo già abdicato ai sogni di mirabolanti carriere nello sport o in tv, per mangiare la pizza in compagnia delle colleghe in ufficio!
Io e mia mamma abbiamo riso come matte rileggendo oggi questo tema, di cui non ricordavamo nulla… non solo per l’INPS, che fa già sorridere così, ma per l’importanza che ancora una volta viene conferita, nei miei scritti, al cibo! Un tema talmente ricorrente da tornare di continuo e da condizionare quasi ogni mia scelta!

Descrizioni minuziose di merende e pasti luculliani si susseguono tema dopo tema, quaderno dopo quaderno, lasciando trasparire ben presto la mia celebre passione smodata, innata, viscerale per i dolci: un passione che non mi ha mai abbandonato, purtroppo.
Meno male che la lotta ai chili di troppo era comune, in famiglia… ecco come descrivevo mia cugina, di un paio di anni più grande di me:

“Non è né troppo magra, né troppo grassa, ma lei sostiene che deve dimagrire, che deve mangiare meno, ma non conclude mai niente”
Il nostro futuro già tutto nero su bianco alla tenera età di undici anni.
Eravamo piccole, ma in tema cibo, il sentore di un eterno “da domani”, già lo avevamo chiaro.

Meno chiaro invece, avevo di certo il concetto di come si conclude un tema, a meno che non fosse normale, all’epoca, chiuderli così. Ma non credo proprio fosse la normalità… anzi a rileggerle oggi, certe frasi di chiusura, vien da chiedersi: ma perché! Ma chi mi credevo di essere???

Mah… forse non era narcisismo, forse erano solo maldestri e rudimentali tentativi di fare la spiritosa a tutti i costi… non saprei spiegarmi questo “ci vediamo” in nessun altro modo!

Dei topi e dei terremoti ho ancora una paura folle! Anche se nessuno degli animali sopra descritti mi si è mai arrampicato sulla schiena, che io ricordi… e allora chissà come mi erano venute certe paturnie!?

Nonostante certi “virtuosismi”, le maestre apprezzavano, eccome se apprezzavano! Anzi, LA maestra, perché se ricordo bene, ai miei tempi, se ne aveva una sola per classe, e io ho avuto il privilegio enorme di averne una speciale, che si prodigava in giudizi pieni di elogi e complimenti, mai scontati. Se non ho mai smesso di scrivere e di amare la scrittura, lo devo in primis lei.

tutti i bambini meriterebbero maestre che li gratificano così… io sono stata davvero tanto fortunata.

E poi mi dava sempre ottimi consigli!

Ma anche le menti delle maestre più illuminate possono essere imperscrutabili, talvolta… riguardo oggi queste ordinatissime colonne e mi chiedo: più ordinata di così, come???

Concludo questa carrellata con alcuni “avvisi” degni di nota: ai miei tempi le comunicazioni venivano trascritte sul diario, e meno male! Così sono potute arrivare fino ad oggi, sane e salve… perderle sarebbe stato davvero un peccato!

“Alcuni alunni, in bici o motorino, si comportano in modo pericoloso per sé e per gli altri. Si sono già verificate alcune occasioni oggettive di pericolo, osservate dagli insegnanti e dal personale della scuola, sia nel piazzale esterno che lungo le strade del paese (cosa facevamo???).
Si invitano gli alunni a comportarsi in modo più corretto i responsabili (??? cosa vuol dire? Mi ero persa qualche parola? Ecco perché adesso gli avvisi li fotocopiano!).
Si ritiene inoltre necessaria la collaborazione dei genitori anche con iniziative da concordare”

Sono state danneggiate le automobili di due insegnanti. L’atto di vandalismo davanti alla scuola, all’ingresso o all’uscita degli alunni, in più occasioni (anche in questa frase manca qualcosa…).
Nel rendere noto il grave gesto si invitano gli alunni a favorire l’individuazione dei responsabili
(chissà se qualcuno ha “fatto la spia”, io non ricordo nulla!)”

D’altronde erano decisamente altri tempi… ah, la privacy, questa sconosciuta!

E chiudo con un vero dramma: la (mai fatta) gita di seconda elementare…


Concludo con un sorriso, misto a qualche lacrimuccia: il tempo corre velocissimo, gli anni Ottanta sono tramontati da un pezzo, assieme alla mia spensierata giovinezza… per fortuna però non tutto è andato perduto: il senso dell’umorismo, le amicizie, le passioni (come quella dello scrivere, ma anche quella per il cibo!) sono rimaste e non sono tramontate, anzi! Brillano più forti che mai, grazie a quel po’ di “saggezza” che le candeline in più ci regalano, assieme alle rughe.
E ancora una volta, vi esorto a fare un tuffo nel passato, se ne avete la possibilità materiale: ritrovare i propri scritti, i propri disegni, le proprie “testimonianze” di bambini è qualcosa di magico, di unico… rileggere adesso come “vedevamo” le cose allora è forse la cosa più vicina a una macchina del tempo che si possa immaginare. E un viaggio nel passato è un’esperienza che andrebbe fatta da tutti, almeno una volta nella vita: provare per credere!

Una risposta a "Gli Anni Ottanta… Tra i Banchi di Scuola!"

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