C’è stato un momento ben preciso, nella mia adolescenza, in cui o avevi il BARBOUR, o non eri nessuno.
Io avevo quindici anni… e NON ERO NESSUNO.
Correva l’anno 1992.
L’ultima estate prima di varcare il magico mondo delle tanto agognate scuole superiori. Quelle che mi avrebbero portato per la prima volta fuori dal mio minuscolo paesello di campagna.
A settembre ci ero arrivata piena di entusiasmo e armata fino ai denti: zaino che non poteva che essere Invicta, diario che non poteva che essere Smemoranda, testo di “Estate 1992” di Jovanotti trascritto rigorosamente a memoria, ciuffo con frangione dritto piastrato e la mia prima leonina permanente su tutto il resto.
Pronta per la città.
Perfetta, per la città.
E invece no.